Si legge in Cass., sez. lav. 13196/2017, pubblicata il 25/5/2017:
"2. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 7 L. n. 300/70 con riguardo all'art. 10 del Regolamento organico del Personale, deduce che:
- sebbene l'incompatibilità fosse stata chiaramente contemplata dal Regolamento, non vi era alcuna previsione che portasse a sanzionare come illecito disciplinare tale violazione;
- che comunque lo svolgimento di un'attività lavorativa integrativa da parte di un lavoratore in regime di part-time, quale era il rapporto da lui intrattenuto con ENCAL, non è da considerare comportamento illecito, ma neppure biasimevole, in particolare nei casi in cui il reddito da lavoro dipendente sia insufficiente a garantire un sostentamento dignitoso (il reddito percepito presso ENCAL ammontava ad euro 500,00 mensili);
- ove la norma regolamentare fosse interpretata in modo da non consentire che l'incompatibilità venga valutata in concreto e non in astratto, la stessa si porrebbe in contrasto con l'art. 4 Cost.;
- nel caso di specie, ENCAL non aveva dimostrato in che cosa consistesse l'asserita incompatibilità: il ricorrente non era stato accusato di sviamento di clientela, né di attività concorrenziale, né di assenze dal posto di lavoro finalizzate allo svolgimento di altra attività' lavorativa.
...
5. Il secondo motivo è fondato. L'art. 10 del Regolamento organico del personale ENCAL così dispone: "Con la qualità di dipendente dell'ENCAL è incompatibile qualunque altro impiego sia pubblico che privato. E' pure incompatibile ogni altra occupazione o attività che non sia ritenuta conciliabile con l'osservanza dei doveri di ufficio e con il decoro dell'Ente".
5.1. La sentenza impugnata ha fondato il proprio convincimento sul fatto rappresentato dall'esercizio (in sé) di un'altra attività lavorativa, prestata dal Popolo, dipendente dal Patronato ENCAL in regime di part-time, al di fuori dell'orario di lavoro, osservando che il divieto contemplato dalla prima parte della suddetta disposizione ha carattere assoluto e non presenta spazi interpretativi di sorta che giustifichino l'inottemperanza allo stesso, a meno di munirsi di apposita autorizzazione.
5.2. Il motivo del ricorso per cassazione investe specificamente il passaggio argomentativo che ha ritenuto il carattere assoluto del divieto, a prescindere da qualsiasi verifica in concreto della incompatibilità. Invero, siffatta lettura della disposizione regolamentare non può essere accolta, se riferita ad un prestatore di lavoro in regime di part-time, non potendo il datore di lavoro disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un'occupazione diversa in orario
compatibile con la prestazione di lavoro parziale; in tali casi, l'incompatibilità essere valutata dall'Ente in concreto.
5.3. Difatti, pure in presenza di due distinte proposizioni contenute nella previsione, la prima delle quali contempla testualmente una incompatibilità assoluta tra la qualità di dipendente ENCAL e lo svolgimento di "qualunque altro impiego sia pubblico che privato", l'unica lettura interpretativa coerente con il dettato costituzionale di cui agli artt. 4 e 35 Cost. è quella che legittima la verifica della incompatibilità in concreto della diversa attività, svolta al di fuori dell'orario di lavoro, con le finalità istituzionali e con i doveri connessi alla prestazione, ai sensi degli artt. 2104 e 2105 c.c., mentre sarebbe nulla una previsione regolamentare che riconoscesse al datore di lavoro un potere incondizionato di incidere unilateralmente sul diritto del lavoratore in regime di part-time di svolgere un'altra attività lavorativa.
5.4. L'unica interpretazione che rende legittima la previsione regolamentare è quella che esige, anche per l'esercizio di un'attività lavorativa al di fuori dell'orario di lavoro, al pari delle altre "occupazioni o attività" di cui alla seconda proposizione della stessa norma, una verifica di incompatibilità in concreto tra l'esercizio della diversa attività e l'osservanza dei doveri d'ufficio o la conciliabilità con il decoro dell'Ente.
5.5. Inoltre, ammettere che il datore di lavoro abbia una facoltà incondizionata di negare l'autorizzazione o di sanzionare in sede disciplinare il fatto in sé dell'esercizio di un'altra attività lavorativa al di fuori dell'orario di lavoro sarebbe in contrasto con il principio del controllo giudiziale di tutti i poteri che il contratto di lavoro attribuisce al datore di lavoro, e proprio con riferimento ad aspetti incidenti sul diritto al lavoro. L'incompatibilità deve essere verificata caso per caso, proprio nei termini pretesi dall'odierno ricorrente, restando tale valutazione suscettibile di controllo, anche giudiziale.
5.6. Nel secondo motivo di ricorso si è pure evidenziato che nella specie era mancato l'accertamento giudiziale (e finanche l'allegazione di parte datoriale) circa i fatti che sarebbero stati ostativi agli interessi dell'Ente o incidenti sul corretto svolgimento della prestazione lavorativa e sull'affidabilità del dipendente. Il ricorrente ha sottolineato che non era stato accusato di sviamento di clientela, né di attività concorrenziale, né di assenze dal posto di lavoro finalizzate allo svolgimento di altra attività lavorativa.
5.7. Dovendosi ritenere che l'erronea interpretazione dell'art. 10 del Regolamento del personale dell'Ente abbia inciso sulla specificazione di uno dei parametri della giusta causa (identificato appunto nella inosservanza del divieto assoluto di svolgere un'altra attività lavorativa), nonché sul giudizio conclusivo espresso dalla Corte di appello quanto alla rilevanza disciplinare del complesso dei fatti ascritti, valutati espressamente nella loro unitarietà, l'accoglimento del secondo motivo comporta la cassazione dell'intero giudizio di legittimità del licenziamento disciplinare, rendendo necessario il riesame del merito e la rinnovazione dell'operazione di sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta della giusta causa, alla luce dei principi sopra enunciati."
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