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La legge di stabilità per il 2012 è stata definitivamente approvata dalla Camera il 12 novembre 2011 nel testo risultante da un maxiemendamento governativo molto atteso. E' ormai legge 12 novembre 2011 n. 183, pubblicata sul Supplemento ordinario n. 234 alla "Gazzetta Ufficiale" del 14 novembre 2011 n. 265. Con essa si intende anche rilanciare il ricorso al contratto a tempo parziale.
Infatti, il comma 4 dell'art. 22 della legge di stabilità per il 2012 vuol favorire -sempre nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro- l’utilizzo, nella disciplina dei singoli rapporti di lavoro a tempo paerziale, delle c.d. clausole flessibili (quelle clausole che riguardano la collocazione temporale della prestazione lavorativa) e, ma con esclusivo riguardo ai rapporti a tempo parziale di tipo verticale o misto, delle c.d. clausole elastiche (quelle clausole che riguardano l’incremento del numero delle ore lavorate, la variazione della durata della prestazione stessa e anche il ricorso al lavoro supplementare). Tali clausole devono essere previste in un patto scritto a sè stante che può essere anche non contestuale al contratto di lavoro. Sono soppresse le norme che subordinavano l'ammissibilità di tali clausole all'essere esse consentite e regolamentate dalla contrattazione collettiva. E' pure abrogata la norma che subordinava l'efficacia dell'accordo scritto tra le parti di trasformazione del full time in part time alla convalida da parte della Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Viene pure ridotto da cinque giorni lavorativi a due giorni lavorativi il periodo minimo di preavviso che deve essere rispettato dal datore di lavoro che intenda avvalersi in concreto della clausola elastica o flessibile.
Recita l'art. 22, comma 4, della legge di stabilità per il 2012 (l. 183/2011), initolato "Apprendistato, contratto di inserimento donne, part-time, telelavoro, incentivi fiscali e contributivi":
"4. Al fine di incentivare l’uso del contratto di lavoro a tempo parziale, le lettere a) e b) del comma 44 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247, sono abrogate. Dalla data di entrata in vigore della presente legge riacquistano efficacia le disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo parziale di cui all’articolo 3, commi 7 e 8, del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, nel testo recato dall’articolo 46 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. All’articolo 5, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, le parole: «, convalidato dalla direzione provinciale del lavoro competente per territorio,» sono soppresse."
Pertanto dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità per il 2012 (1/1/2012) riacquistano efficacia le seguenti disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo parziale di cui all’articolo 3, commi 7 e 8, del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, nel testo recato dall’articolo 46 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276:
«7. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, le parti del contratto di lavoro a tempo parziale possono, nel rispetto di quanto previsto dal presente comma e dai commi 8 e 9, concordare clausole flessibili relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa. Nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto possono essere stabilite anche clausole elastiche relative alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa. I contratti collettivi, stipulati dai soggetti indicati nell'articolo 1, comma 3, stabiliscono:
1) condizioni e modalità in relazione alle quali il datore di lavoro può modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa;
2) condizioni e modalità in relazioni alle quali il datore di lavoro può variare in aumento la durata della prestazione lavorativa;
3) i limiti massimi di variabilità in aumento della durata della prestazione lavorativa.»;
«8. L'esercizio da parte del datore di lavoro del potere di variare in aumento la durata della prestazione lavorativa, nonché di modificare la collocazione temporale della stessa comporta in favore del prestatore di lavoro un preavviso, fatte salve le intese tra le parti, di almeno due giorni lavorativi, nonché il diritto a specifiche compensazioni, nella misura ovvero nelle forme fissate dai contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3.»
Inoltre, sempre dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità per il 2012 (1/1/2012), l’articolo 5 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, (per effetto delle modifiche al suo comma 1, secondo periodo) disporrà:
"5. Tutela ed incentivazione del lavoro a tempo parziale.
1. Il rifiuto di un lavoratore di trasformare il proprio rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale, o il proprio rapporto di lavoro a tempo parziale in rapporto a tempo pieno, non costituisce giustificato motivo di licenziamento. Su accordo delle parti risultante da atto scritto è ammessa la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. Al rapporto di lavoro a tempo parziale risultante dalla trasformazione si applica la disciplina di cui al presente decreto legislativo.
2. Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site nello stesso àmbito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l'assunzione.
3. In caso di assunzione di personale a tempo parziale il datore di lavoro è tenuto a darne tempestiva informazione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupato in unità produttive site nello stesso àmbito comunale, anche mediante comunicazione scritta in luogo accessibile a tutti nei locali dell'impresa, ed a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione a tempo parziale del rapporto dei dipendenti a tempo pieno. I contratti collettivi di cui all'articolo 1, comma 3, possono provvedere ad individuare criteri applicativi con riguardo a tale disposizione.
4. Gli incentivi economici all'utilizzo del lavoro a tempo parziale, anche a tempo determinato, saranno definiti, compatibilmente con la disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato, nell'àmbito della riforma del sistema degli incentivi all'occupazione."
IN SINTESI SI TRATTA DI NORME DI TROPPO SCARSA EFFICACIA PER UN RILEVANTE INCREMENTO DEL PART TIME CHE NEL LAVORO PUBBLICO E NEL LAVORO PRIVATO SEMBRA ESSERE IL MODO MIGLIORE DI SALVAGUARDARE LIVELLI RETRIBUTIVI DEI LAVORI ATTIVI E PENSIONI SENZA RIDUZIONI DI PERSONALE. LEGGI DI SEGUITO PERCHE' IL PART TIME VA INCENTIVATO IN MANIERA PIU' DECISA, ANCHE COME MEZZO DI APERTURA DEL MERCATO DELLE PROFESSIONI ...
Incentivazione del part time e apertura delle professioni sono operazioni collegate che "si reggono" a vicenda. Sono pure tra le prime cose che l'Italia si è impegnata a realizzare, secondo lo scadenziario di cui alla lettera di intenti che il Governo Berlusconi ha indirizzato alla Unione Europea il 26 ottobre 2011.
I risparmi che deriverebbero dall'accesso adeguatamente incentivato al part time (soprattutto per quei lavoratori dipendenti pubblici e privati che vogliano fare, come secondo lavoro, la professione alla quale sono abilitati) sarebbero più che sufficienti per ridurre significativamente le dimensioni dell' "attacco alle pensioni", ormai in atto, dopo la lettera di intenti del Governo alla Unione Europea del 26 ottobre 2011.
E' importante che esponenti della Lega quali il capogruppo Reguzzoni e la presidente della Commissione attività produttive On. Dal Lago si siano recentemente espressi a favore di una nuova apertura verso il part time, soprattutto a favore delle donne. E l'ex opposizione? Le Deputate del Partito Democratico Lucia Codurelli e Amalia Schirru hanno presentato in Commissione lavoro della Camera una interpellanza in tema di part time (discussa il 27 settembre 2011) per chiedere in sintesi che “Il governo ripensi la politica del lavoro, in particolare per quanto riguarda il part-time nella Pubblica amministrazione". Evidenziano le interpellanti che"Con recenti provvedimenti, ultimo il ‘collegato lavoro’, il governo ha di fatto bloccato la concessione di nuovi part-time. Ciò significa che aumenta la discriminazione nei confronti delle donne, maggiori richiedenti di questa tipologia di contratti e viene leso il principio costituzionale di scelta e volontà sul lavoro”. NON SI PUO' CHE CONVENIRE.
UNA DIGRESSIONE, IN TEMA DI BUONI PASTO, CHIARISCE LA LENTEZZA DELL'AGIRE E LA INCAPACITA' DI INNOVARE A FONDO, PER LA FORZA DEI VETI INCROCIATI, QUANDO SI TRATTA DI INNOVARE IN TEMA DI LAVORO. Ricordiamo, appunto ad esempio, che nel Consiglio dei ministri del 14 ottobre 2011 il Governo aveva (quasi) deciso che i buoni pasto degli statali sarebbero dovuti restare solo per quei dipendenti che lavorano almeno otto ore a giorno. L'aveva quasi scritto nel disegno di legge di stabilità per il 2012 (la ex Legge Finanziaria), in modo che non si sarebbero potuti dare più buoni pasto se la «durata effettiva della prestazione lavorativa è inferiore a 8 ore»: dunque, escluse le pause.
La maggior parte dei travet che lavorano 36 ore a settimana (secondo la consueta modalità delle 7 ore e 12 minuti al giorno) avrebbero perso i buoni pasto. Si calcola che la diminuzione del potere d'acquisto derivante sarebbe stata addirittura di 154 euro a mese per quei dipendenti pubblici che ricevono 22 buoni pasto al mese da 7 euro ciascuno. Sarebbero rimasti al riparo dalla "stangata del buono pasto" solo i dipendenti pubblici del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico.
Lo Stato avrebbe potuto così risparmiare quasi un miliardo all'anno: a tanto ammontano gli ultimi bandi di Consip, che riguardano sia le amministrazioni centrali sia, per una buona parte, gli enti pubblici territoriali. Ma dal punto di vista dell'impiegato pubblico si sarebbe trattato di un salasso vero e proprio, difficile da accettare mentre si riconosce che nella pubblica amministrazione permangono ampi sprechi e favoritismi. Il buon senso ha fatto sì che la decisione del Governo fosse diversa e più saggia: niente stangata del buono pasto. Per fortuna.
Ma il "colpo di mano" rientrato in tema di buoni pasto impone di verificare se ci siano altre strade, meno dolorose, per incidere sulla spesa per il dipendenti pubblici e pure per i dipendenti privati. Ormai, a mio avviso, è il momento di rinnegare le scelte che hanno di recente ostacolato l'accesso al part time dei dipendenti pubblici (impiegati e pure dirigenti): occorre tornare ad incentivare seriamente le trasformazioni di rapporti di lavoro full time in rapporti part time. I risparmi che deriverebbero dall'accesso adeguatamente incentivato (soprattutto per l'impiegato pubblico che voglia fare un secondo lavoro e soprattutto se questo è un lavoro professionale all'esercizio del quale il dipendente è abilitato) al part time sarebbero più che sufficienti per evitare non solo di cancellare i buoni pasto ma anche per ridurre significativamente le dimensioni dell' "attacco alle pensioni", ormai in atto.
Nell'impiego pubblico è il momento di risparmiare senza penalizzare a casaccio. E' il momento di reintrodurre "in dosi da cavallo" l'unico strumento capace di ridurre la spesa per stipendi (per evitare il rischio di dover licenziare o ridurre gli stipendi come in Grecia). E' il momento, comunque, di recuperare risorse che possano ridurre l'impatto della riforma delle pensioni che si prepara. E' il momento di azzerare il "doppio lavoro senza autorizzazione" che (come si legge in un articolo apparso su ilsole24ore del 29/10/2011 dal titolo "Doppio lavoro da 8 milioni") ha assunto dimensioni intollerbili, tanto da produrre un "recupero" da parte dell'Ispettorato della Funzione Pubblica e della Guardia di Finanza di più di 8 milioni di euro, nel solo 2010, nei confronti di impiegati disonesti (e multe per i loro committenti per 23,9 milioni di euro). Quale è questo strumento? E' il part time nell'impiego pubblico.
A partire dall'entrata in vigore del D.L. 112/2008 il part time, da diritto pieno che era, è diventato una chimera per molti impiegati pubblici (soprattutto donne). Per un verso la riconquistata discrezionalità delle amministrazioni pubbliche nel concedere le trasformazioni da tempo pieno a tempo parziale ha significato, in concreto, azzeramento, o quasi, delle trasformazioni dei full time in part time. Per altro verso, addirittura, l'art. 16 del c.d. "collegato lavoro" del 2010 è stato inteso (male) come un permesso dato alla pubblica amministrazione di ritrasformare in contratti a tempo pieno tanti contratti a part time rilasciati prima dell'entrata in vigore del detto d.l. 112/08 (25/6/2008), con palese violazione di diritti quesiti.
Per i dipendenti privati il ragionamento deve essere analogo: anche per essi il part time andrà incentivato.
DOVREBBE RISULTARE EVIDENTE A TUTTI CHE IL PART TIME E' LA PIU' RAGIONEVOLE MODALITA' DI FLESSIBILITA' DEL LAVORO E DI RISPARMIO PER IL DATORE DI LAVORO, PUBBLICO O PRIVATO CHE SIA. IL PART TIME ASSOCIA GROSSE RIDUZIONI DELLA SPESA PER STIPENDI CON LA MIGLIOR CURA DEGLI INTERESSI FAMILIARI DEI LAVORATORI, GIA' TANTO DURAMENTE COLPITI (oltre che con la legge 183/2010 e col d.l. 112/2008) DALLA CONTRAZIONE DELLE SPESE PER L'ASSISTENZA SANITARIA E AGLI ANZIANI. INFINE E' L'EUROPA A CHIEDERCI DI INCENTIVARE IL PART TIME. PERCHE', DUNQUE, NON CONSENTIRLO E INCENTIVARLO AL MASSIMO, IN PRIMIS, (IN LINEA CON IL FAVOR ALLA FAMIGLIA TANTO DECLAMATO NELLA L. 53/2000) PER TUTTI I DIPENDENTI PUBBLICI E PRIVATI CHE HANNO UNA ABILITAZIONE ALL'ESERCIZIO DI UNA PROFESSIONE. DA DOVE COMINCIARE? PER ELIMINARE IRRAGIONEVIOLI OSTACOLI AL PART TIME SI COMINCI AD ABROGARE LA L. 339/03 CHE DISCRIMINA GLI ABILITATI ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE DI AVVOCATO, NEGANDO LORO LA POSSIBILITA' DI FAR RISPARMIARE LO STATO METTENDOSI IN PART TIME PER ESERCITARE LA LIBERA PROFESSIONE.
Questa mi pare la prima manifestazione di concreta voglia d'agire per rispettare gli impegni presi con l'Unione Europea e non farsi ridere appresso: dimostrare coi fatti che si smontano le leggine corporative che escludono dalle professioni (a partire da quella di avvocato) una seria concorrenza pur se per lasciare alle corporazioni professionali antistorici privilegi anticoncorrenziali si incide negativamente sulle casse dello Stato (impedendo l'accesso al part time come fa la l. 339/03).
Ricordiamo quanto si legge nella lettera inviata dal Governo italiano all'Unione Europea il 26 ottobre 2011, nei due capitoli dedicati all' <<efficientamento del mercato del lavoro>> e all' <<apertura dei mercati in chiave concorrenziale>>:
"b. Efficientamento del mercato del lavoro
È prevista l'approvazione di misure addizionali concernenti il mercato del lavoro.
1. In particolare, il Governo si impegna ad approvare entro il 2011 interventi rivolti a favorire l'occupazione giovanile e femminile attraverso la promozione: a. di contratti di apprendistato contrastando le forme improprie di lavoro dei giovani; b. di rapporti di lavoro a tempo parziale e di contratti di inserimento delle donne nel mercato del lavoro; c. del credito di imposta in favore delle imprese che assumono nelle aree più svantaggiate.
2. Entro maggio 2012 l'esecutivo approverà una riforma della legislazione del lavoro a. funzionale alla maggiore propensione ad assumere e alle esigenze di efficienza dell'impresa anche attraverso una nuova regolazione dei licenziamenti per motivi economici nei contratti di lavoro a tempo indeterminato; b. più stringenti condizioni nell'uso dei "contratti para-subordinati" dato che tali contratti sono spesso utilizzati per lavoratori formalmente qualificati come indipendenti ma sostanzialmente impiegati in una posizione di lavoro subordinato.
c. Apertura dei mercati in chiave concorrenziale
Entro il 1° marzo 2012 saranno rafforzati gli strumenti di intervento dell'Autorità per la Concorrenza per prevenire le incoerenze tra promozione della concorrenza e disposizioni di livello regionale o locale. Verrà generalizzata, la liberalizzazione degli orari degli esercizi commerciali in accordo con gli enti territoriali.
Le principali disposizioni contenute nella bozza di disegno di legge sulla concorrenza riguardano i settori della distribuzione dei carburanti e dell'assicurazione obbligatoria sui veicoli. Le misure relative al mercato assicurativo sono state definite all'interno di una proposta di legge di iniziativa parlamentare, che è già stata approvata dalla camera dei deputati ed è attualmente all'esame del senato. Le misure concernenti i mercati della distribuzione carburanti sono state integralmente inserite nel Decreto Legge n.98/2011 e pertanto sono già in vigore. Si è preferito adottare uno strumento legislativo quale il decreto che garantisce l'immediata efficacia degli interventi. nel medesimo decreto legge sono state inserite anche altre disposizioni di apertura dei mercati e liberalizzazioni, tra cui si ricorda in particolare la liberalizzazione in via sperimentale degli orari dei negozi. Nel frattempo, fra i primi in Europa, l'Italia ha aperto alla concorrenza il mercato della distribuzione del gas: sono stati adottati e saranno a breve pubblicati nella gazzetta ufficiale i regolamenti che disciplinano le gare per l'affidamento della distribuzione del gas in ambiti territoriali più ampi dei comuni.
Già con il Decreto Legge n.138/2011 sono state adottate incisive misure finalizzate alla liberalizzazione delle attività d'impresa e degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali. In particolare già si prevede che le tariffe costituiscano soltanto un riferimento per la pattuizione del compenso spettante al professionista, derogabile su accordo fra le parti. Il provvedimento sullo sviluppo conterrà recherà altre misure per rafforzare l'apertura degli ordini professionali e dei servizi pubblici locali.
Sempre in materia di ordini professionali, nella manovra di agosto, in tema di accesso alle professioni regolamentate, è stato previsto che gli ordinamenti professionali debbano garantire che l'esercizio dell'attività risponda senza eccezioni ai principi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garantisca l'effettiva possibilità di scelta degli utenti nell'ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. Inoltre, già in sede di conversione della manovra di luglio (DL n. 98/2011) è stato previsto che il Governo, sentita l'Alta Commissione per la Formulazione di Proposte in materia di Liberalizzazione dei Servizi, elaborerà proposte per la liberalizzazione dei servizi e delle attività economiche da presentare alle categorie interessate. Dopo 8 mesi dalla conversione del decreto legge, tali servizi si intenderanno liberalizzati, salvo quanto espressamente regolato."
Pure interessante è quanto si legge nel "Progetto delle imprese per l'Italia" diffuso il 30 settembre 2011 da Confindustria, ABI (Associazione Bancaria Italiana), ANIA (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici), Alleanza delle Cooperative Italiane, Rete Imprese Italia.
Vi si legge, tra l'altro: "SPESA PUBBLICA E RIFORMA DELLE PENSIONI. Malgrado i tagli annunciati in ogni manovra finanziaria, negli ultimi dieci anni, fra il 2001 e 2010, la spesa pubblica al netto degli interessi è continuamente aumentata, dal 41,8% al 46,7% del Pil, mentre era diminuita, in rapporto al Pil, nel decennio precedente. Questo dato non è dovuto solo alla bassa crescita del Pil: la spesa, sempre al netto degli interessi, è infatti cresciuta nell’ultimo decennio di venti punti percentuali in più dell’inflazione, mentre negli anni novanta era cresciuta solo di otto punti in più. ... E' fondamentale che si dia piena attuazione ai tagli già programmati. Ma è altresì essenziale che i tagli non siano indiscriminati e siano volti a colpire i veri e grandi sprechi che si annidano nelle pubbliche amministrazioni. ... Un settore fondamentale di intervento dal quale non si può prescindere è quello della spesa per pensioni. ... Se le misure sulle pensioni pubbliche non vengono decise rapidamente, corriamo il rishio di dover assumere, in condizioni di assoluta emergenza, provvedimenti ben più dolorosi, quali la messa in mobilità di decine di migliaia di dipendenti pubblici, come sta già accadendo in molti paesi.
... LIBERALIZZAZIONI E SEMPLIFICAZIONI. ... L'abbattimento delle barriere all'entrata di nuovi concorrenti e degli ostacoli all'esercizio delle attività economiche deve diventare la regola e non l'eccezione. Per conseguire strutturalmente questo obiettivo è necessario orientare le modifiche all’art. 41 Cost. all’affermazione espressa del principio della libera concorrenza.
Nell’immediato, va reso effettivo il principio ‐ altrimenti del tutto inutile ‐ dell’abrogazione implicita delle restrizioni affermato nella Manovra, attribuendo a uno specifico soggetto il compito e la responsabilità di individuare le disposizioni abrogate. Vanno poi eliminate, da un lato, le eccezioni all’abrogazione previste per alcuni settori economici, dall’altro, la facoltà attribuita al Governo di sottrarre, in base a generiche ragioni di interesse pubblico, singole attività alla liberalizzazione.
In generale, le eccezioni alle abrogazioni di restrizioni andranno piuttosto ricondotte alla sussistenza di motivi imperativi di interesse generale previsti dall’ordinamento comunitario. Anche le Regioni, in base ai principi di concorrenza e omogeneità dei livelli essenziali delle prestazioni previsti dall’art. 117 Cost., dovranno indicare espressamente, entro un termine tassativo, tutte le restrizioni abrogate.
È urgente liberalizzare i servizi professionali. Alcuni dei principi affermati nella manovra di agosto sono condivisibili. Gli effetti però sono incerti e rinviati nel tempo. Vanno introdotte misure di applicazione immediata, alle quali affiancare una riforma strutturale e più incisiva che introduca effettivi elementi di concorrenza e qualità nell’offerta dei servizi professionali".
Nel "Progetto delle imprese per l'Italia", si invoca dunque, oltre alla riforma delle pensioni, anche il taglio dei costi della politica e degli apparati istituzionali, il taglio dei costi della sanità, quello per acquisti di beni e servizi della P.A..
Ebbene, io specificherei la richiesta: reintrodurre nell'impiego pubblico (per "ridurre i costi degli apparati istituzionali") il part time come diritto pieno. Prima di por mano a dolorosi tagli d'imperio a pensioni o stipendi e prima ancora di una pur necessaria azione di ingegneria istituzionale, perchè non garantire alle finanze pubbliche tutti i possibili risparmi che deriverebbero dal riconoscere ai dipendenti pubblici la possibilità (diritto pieno) di ridurre per loro autonoma scelta il loro stipendio? Non è anche così che si dimostra di trattare gli italiani come cittadini liberi e non come sudditi?
C'è da rimanere sbalorditi per la schizofrenia del legislatore che mentre non riconosce al dipendente pubblico il diritto ad andare in part time, poi impone alle amministrazioni dello Stato di apportare tagli all'organico dei dipendenti (art. 1, commi 3, 4, e 5 della manovra di Ferragosto, convertita in legge 148/2011), pena la rideterminazione provvisoria della dotazione organica e il divieto assoluto di effettuare nuove assunzioni a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto. Se c'è la volontà di ridurre il numero dei dipendenti pubblici (l'importo dell'uscita per i loro stipendi), come pure traspare dai tagli operati dal d.l. 112/2008 e 194/09, se addirittura s'è deciso di imporre (entro il 31 marzo 2012) tagli del personale pubblico non dirigente per almeno il 10% della spesa sostenuta, NON SI PUO' TRALASCIARE DI ESALTARE LE POSSIBILITA' DI UN INCONTRO LIBERO DI VOLONTA' TRA IL SINGOLO IMPIEGATO PUBBLICO E IL LEGISLATORE. NON SI PUO' NON REINTRODURRE IL DIRITTO PIENO AL PART TIME DEI DIPENDENTI PUBBLICI.
Ma non basta: quanta crescita si potrebbe creare dall'incentivazione di tali trasformazioni di contratti full time in contratti part time? dalle seconde attività che potrebbero svolgere i dipendenti che scegliessero il part time? o semplicemente dalla funzione supplente che potrebbero svolgere rispetto alle istituzioni che si manifestano non più in grado di erogare alle famiglie livelli dignitosi di servizi sanitari o di accudimento di anziani e bambini?
E ancora: persino il Papa è intervenuto con parole chiare sulla necessità di ricostruire un armonico rapporto tra i tempi del lavoro e i tempi della famiglia. Ha detto, ricevendo in udienza i partecipanti a un convegno internazionale promosso dalla Fondazione Centesimus annus: "Occorre una nuova sintesi armonica tra famiglia e lavoro". Ha poi rimarcato Benedetto XVI: "Nella difficile situazione che stiamo vivendo la crisi del lavoro e dell'economia si accompagna a una crisi della famiglia: i conflitti di coppia, quelli tra i tempi della famiglia e per il lavoro creano una complessa situazione di disagio che influenza il vivere sociale"... "Anche l'economia con le sue leggi deve sempre considerare l'interesse e la salvaguardia" della famiglia, ha ammonito il Pontefice rilevando che non tocca certo alla Chiesa risolvere la crisi in atto ma è compito dei cristiani "denunciare i mali".
In sintesi: CITTADINI E NON SUDDITI!
E COMINCIARE SUBITO AD INCENTIVARE IL PART TIME ABROGANDO LA LEGGE 339/03 (CHE PREVEDE UNA ASSURDA INCOMPATIBILITA' PER IL DIPENDENTE PUBBLICO A PART TIME) ATTRAVERSO UN DECRETO LEGGE D'ADDIO ALLE "LEGGI ANTI MERCATO".
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