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Riforma forense: audizioni della Commissione giustizia della Camera del 16/2/2011

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Mercoledì 16 febbraio 2011 la Commissione giustizia della Camera ha svolto audizione informale di rappresentanti del Consiglio nazionale forense, dell'Unione delle camere penali italiane, dell'Unione nazionale camere civili, dell'Associazione italiana giovani avvocati, in relazione all'esame delle proposte di legge C. 3900, approvato dal Senato, C. 420 Contento, C. 1004 Pecorella, C. 1447 Cavallaro, C. 1494 Capano, C. 1545 Barbieri, C. 1837 Mantini, C. 2246 Frassinetti e C. 2419 Cassinelli, concernenti la nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense. Secondo me è strano che venga ritenuta superflua l'audizione dell'Antitrust.
Segnalo, comunque, che il Consiglio Nazionale Forense ha consegnato alla Commissione giustizia un dossier con cinque schede di approfondimento dedicate ai principali profili problematici della proposta di legge con argomenti giuridici specifici a sostegno delle scelte perorate dagli avvocati: potestà regolamentare, riserva di consulenza legale, tariffe, pubblicità, indipendenza. In tema di indipendenza dell’avvocato sostiene il CNF che la incompatibilità dell’esercizio professionale con la condizione di dipendente pubblico e privato sarebbe cosa sacrosanta e a supporto di tale affermazione invoca la Corte di Giustizia Ue. Rammenta come la Corte abbia sottolineano che “l’appartenenza a un ordine professionale e la soggezione alle regole di deontologia e disciplina sono condizione necessaria e non sufficiente perché un professionista possa dirsi pienamente indipendente. La piena indipendenza si realizza solamente quando l’avvocato opera al di fuori di un rapporto subordinato con l’impresa, a prescindere dalle condizioni contrattuali che caratterizzano tale rapporto”. Ebbene, è evidente, a mio avviso, l'impossibilità di equiparare dipendente pubblico a part time ridotto e dipendente privato in un giudizio negativo circa il livello che in essi raggiunge la qualità dell'indipendenza: a nessuno può sfuggire la sopra riportata asserzione della Corte di giustizia vale a riconoscere limitata l'indipendenza degli "avvocati d'impresa" ma non certo degli avvocati che siano dipendenti in part time ridotto (tra il 30% e il 50% dell'orario pieno) di una pubblica amministrazione (secondo il modulo introdotto dall'art. 1, commi 56 e ss., della l. 662/96). In sostanza il CNF nulla dice alla Commissione giustizia della Camera (almeno a quanto risulta dalla lettura del comunicato stampa dello stesso CNF) che possa far ritenere errate le approfondite considerazioni della sentenza della Corte costituzionale 189/01 in ordine alla ragionevolezza della scelta di equiparare la professione forense a tutte le altre professioni circa la sua compatibilità con un rapporto di lavoro dipendente con la pubblica amministrazione a part time ridotto. E, SI BADI, IL DIRITTO AD ESERCITARE LA PROFESSIONE DI AVVOCATO E' UN DIRITTO CHE E' TUTELATO DALL'ART. 8 DELLA CEDU (COME RICONOSCE LA SENTENZA "BIGAEVA" DELLA CORTE DI STRASBURGO) E UNA SUA LIMITAZIONE PUO' ESSER COSTITUZIONALMENTE LEGITTIMA (in riferimento all'art. 117, comma 1, Cost. che comprende, come parametro interposto di costituzionalità i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU secondo l'iterpretazione fattane dalla Corte europea dei diritti dell'uomo) NON CERTO SE CAPRICCIOSAMENTE AFFERMATA DAL LEGISLATORE MA SOLO SE UNA TALE SCELTA DEL LEGISLATORE SUPERI UN "VAGLIO POSITIVO DI RAGIONEVOLEZZA" (NON BASTA L'ASSENZA D'UNA EVIDENTE IRRAGIONEVOLEZZA DELLA LEGGE).

LEGGI DI SEGUITO IL COMUNICATO STAMPA DEL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE (TRATTO DAL SITO DEL C.N.F.) ...

"Riforma forense, Cnf: la Camera approvi velocemente il testo
16/02/2011 - Oggi il Consiglio nazionale forense è stato audito dalla commissione giustizia di Montecitorio sulla riforma dell’ordinamento forense. Alpa: “Basta con ogni forma di accanimento nei confronti dell’avvocatura”
Roma. Approvazione urgente della riforma professionale senza riaprire una discussione che rischia di compromettere tale obiettivo.
Il testo varato dal Senato, nonostante alcune modifiche approvate abbiano affievolito l’impatto della riforma soprattutto con riguardo all’accesso alla professione, è nel suo impianto condivisibile. Ma se la commissione giustizia volesse riaprire il confronto, allora il Cnf si rifà al testo condiviso con tutte le componenti dell’avvocatura, più rigoroso sull’accesso, con il divieto delle iscrizioni di diritto, con il riconoscimento del potere regolamentare al Cnf.
E questa la posizione espressa oggi dal presidente del Cnf Guido Alpa, audito con una delegazione del Consiglio dalla commissione giustizia della Camera sulla proposta di legge di riforma dell’ordinamento forense (AC 3900). “Il progetto non è frutto di istanze corporative”, sottolinea Alpa. “I privilegi si condividono in pochi, certo non tra gli appartenenti ad una massa che si riproduce in modo esponenziale” qual è l’avvocatura. I dati (gli iscritti agli albi ammontano a 216mila; il reddito medio annuo non arriva a 50mila euro; in dieci anni il numero degli avvocati è raddoppiato; il tasso di disoccupazione dei giovani si aggira tra il 20 e 30%) “smentiscono di per sé ogni critica alla categoria, proveniente dalle autorità indipendenti e dai poteri economici forti. Le loro prese di posizione sono apodittiche e suonano come un accanimento nei confronti dell’avvocatura: ne abbiamo avuto prova durante la discussione in senato. E questo non è più tollerabile”. “Il testo non è corporativo perché non è un libro d’oro dell’avvocatura: piuttosto rafforza l’impegno degli Ordini, rende più trasparente l’attività dell’avvocato, rafforza le garanzie dei cittadini”, ha evidenziato Alpa ricordando che esso è anche il frutto di una condivisione tra le diverse componenti dell’Avvocatura.
Il Consiglio nazionale forense ha consegnato alla commissione giustizia un dossier con cinque schede di approfondimento dedicate ai principali profili problematici della proposta di legge con argomenti giuridici specifici a sostegno delle scelte perorate dagli avvocati: potestà regolamentare, riserva di consulenza legale, tariffe, pubblicità, indipendenza.
L’assunto da cui si parte è che la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (oggi parte integrante del trattato di Lisbona) protegge e tutela la libertà professionale distinguendola anche sistematicamente dalla libertà d’impresa. “A questa permessa si ricollegano le ragioni della specialità costituzionale della riforma forense” ed essa stessa giustifica le scelte di fondo del provvedimento: “l’indipendenza dell’avvocato, l’accesso alla professione rigoroso e selettivo, il dovere di aggiornamento permanente, l’inapplicabilità alla professione dei modelli societari propri dell’impresa, il principio di continuità ed effettività dell’esercizio professionale, i compensi correlati alla qualità della prestazione, il potere disciplinare e la vigilanza dell’ordine, a tutela dell’interesse pubblico al corretto esercizio della professione.
Potestà regolamentare. Apodittica la critica dell’Antitrust circa la devoluzione del potere regolamentare al Cnf, che sarebbe invece espressione dei principi costituzionali di autonomia dele formazioni sociali e di sussidiarietà, tenendo conto che il Cnf è un ente pubblico; che la devoluzione di alcune materie alla autonomia regolamentare della categoria è auspicato dalla direttiva Bolkestein; che la procedura di adozione è caratterizzata da un vero e proprio coinvolgimento decisionale delle diverse componenti del mondo forense, con garantismo democratico del tutto nuovo nell’ambito degli ordinamenti delle professioni. L’attribuzione del potere regolamentare al ministro della giustizia “sarebbe un passo indietro perché assoggetterebbe la classe forense a una direzione organizzativa del Governo”.
Riserva consulenza legale. Non è vero che l’ordinamento comunitario osta alla scelta del legislatore nazionale di sottoporre a riserva l’attività di consulenza legale se svolta professionalmente. A partire dalla direttiva Bolkestein ( 2006/123/CE) che, nel suo considerando n.88, afferma che sono compatibili con essa sistemi normativi nazionali che sottopongono a riserva l’attività di consulenza legale (per es. il Portogallo). Altre ragioni sono: la doverosa concezione unitaria della professione forense, che sia giudiziale che stragiudiziale ha sempre lo stesso trattamento fiscale, previdenziale di responsabilità etc. E a favore militano anche diverse pronunce giurisprudenziali della Corte di Cassazione (sent nn. 1151/02 e 9237/) e della Corte di giustizia Ue (C-531/06)
Tariffe. Il Cnf sottolinea che sia la giurisprudenza comunitaria che quella della Cassazione hanno sempre ritenuto la piena compatibilità dei sistemi tariffari con il diritto comunitario della concorrenza (sentenze Arduino C-35/99; Cipolla e Macrino C-94/04 e C- 202/04; Cassaz Sezione lavoro 20269/2010), motivandola con ragioni di interesse pubblico come la tutela dei consumatori e la buona amministrazione della giustizia e, per la Cassazione, la tutela dell’interesse di evitare una concorrenza al ribasso a discapito della qualità della prestazione.
Pubblicità. La direttiva Bolkestein sopprime ogni divieto in materia di pubblicità ma impone anche limito assolutamente peculiari, imponendo la conformità del messaggio alle regole professionali, tenendo conto della specificità della professione, nonché della indipendenza, della integrità, della dignità e del segreto professionali (art. 24 comma 2).
Indipendenza dell’avvocato. La incompatibilità dell’esercizio professionale con la condizione di dipendente pubblico e privato è cosa sacrosanta e anche in questo caso sovviene la Corte di Giustizia Ue che ha sottolineano come “che l’appartenenza a un ordine professionale e la soggezione alle regole di deontologia e disciplina sono condizione necessarie e non sufficiente perché un professionista possa dirsi pienamente indipendente. La piena indipendenza si realizza solamente quando l’avvocato opera al di fuori di un rapporto subordinato con l’impresa, a prescindere dalle condizioni contrattuali che caratterizzano tale rapporto”.

 


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