La Cassazione a Sezioni Unite conferma la linea tracciata dalla sentenza 17742/2015 in tema di pro rata. Infatti, con sentenza 18136/2015 ha affermato i seguenti principi di diritto:
"A) Nel regime dettato dalla l. 8.08.95 n. 335, art. 1, c. 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportate dalla l. 27.12.06, n. 296 (legge finanziaria 2007), art. 1, c. 763, alla disposizione dell'art. 3, c. 12 della legge di riforma, e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 1° gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata -il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex d.lgs. 30.06.94 n. 509, quale è la Cassa Nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periodi commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti- ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti. Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.12.03), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota A di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera -per il calcolo della quota A dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006- il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione.
B) Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 1° gennaio 2007 trova applicazione il medesimo art. 3, c. 12, della l. n. 335 del 1995, ma nella formulazione introdotta dalla citata l. n. 296 del 2006, art. 1, c. 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell'equilibrio finanziario di lungo termine, "avendo presente" -e non più rispettando in modo assoluto- il principio del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della legge n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla l. 27.12.13 n. 147, art. 1, c. 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 1° gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (delibere 22.06.02, 7.06.03 e 20.11.03).
In relazione alla tematica (non oggetto immediato della sentenza delle SS.UU.) del diritto degli avvocati alla restituzione dei contributi versati alla Cassa Forense, pare importantissimo che le SS.UU.:
1) abbiano rilevato (al punto 8.5 della motivazione) che"Con riferimento agli enti privati gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza generale ... e nel rispetto dei principi di autonomia del d.lgs. 509 del 1994, la stessa legge [la n. 335 del 1995] stabilì che "allo scopo di assicurare l'equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall'art. 2, comma 2, del predetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore a 15 anni. In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dall'art. 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti" (art. 3, c. 12)";
2) abbiano rilevato (al punto 8.8 della motivazione) che l'ultimo periodo del comma 763 dell'art. 1 della l. 296/06, dopo le modifiche apportate all'art. 3, c. 12, stabilì che "Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della presente legge";
3) abbiano rilevato (al punto 8.10 della motivazione) che ll'art. 1, c. 488, della legge 27.12.13, n. 147, prevede che "L'ultimo periodo dell'art. 1, comma 763, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri viglanti prima della data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l'equilibrio finanziario di lungo termine";
4) abbiano, infine, chiarito (al punto 14.3 della motivazione) la portata dell'interpretazione autentica del riportato secondo periodo del detto comma 763, fornita dal citato comma 488. Hanno scritto, al riguardo, le SS.UU.: "14.3. In definitiva, dunque, esisteva una oggettiva ambiguità della disposizione del secondo periodo dell'art. 1, c. 763, della legge n. 296 del 2006, che giustifica l'intervento di interpretazione autentica. La norma contenuta nel comma 488 ha, dunque, una sua intrinseca funzione di chiarificazione del dettato normativo e non viola i canoni desumibili dal dettato costituzionale e dalla Convenzione dei diritti dell'uomo che legittimano l'intervento interpretativo del legislatore. Tale chiarificazione non ha, però, il contenuto preteso dalla difesa della CNPR di rendere efficaci e legittime indistintamente tutte le delibere adottate dal Comitato dei delegati ... ma attiene alla specifica determinazione del contenuto del principio del pro rata rilevante, in relazione al momento della maturazione del diritto a pensione, prima e dopo l'entrata in vigore della legge 27.12.06 n. 296."
A mio avviso, anche in relazione alla tematica del diritto degli avvocati alla restituzione dei contributi versati alla Cassa Forense, le sentenze delle SS.UU. della Cassazione n. 18136/2015 e 17742/2015 hanno detto l'ultima parola: LA CASSA FORENSE NON AVEVA E NON HA IL POTERE DI ABROGARE (CON DELIBERA DEL COMITATO DEI DELEGATI) LA PREVIGENTE PREVISIONE LEGISLATIVA DELLA RESTITUIBILITA' DEI CONTRIBUTI AD ESSA VERSATI DAGLI AVVOCATI: CIO' PER IL SEMPLICE FATTO CHE L'ABROGAZIONE DEL DIRITTO ALLA DETTA RESTITUZIONE NON PUO' FARSI RIENTRARE NEL CONCETTO (DI CUI ALL'ART. 3, COMMA 12, DELLA L. 335/95) DI "RIPARAMETRAZIONE DI UN CRITERIO DI DETERMINAZIONE DEL TRATTAMENTO PENSIONISTICO".
Sempre in relazione alla tematica del diritto degli avvocati alla restituzione dei contributi versati alla Cassa Forense, ritengo che sia certamente importante (con possibili e fruttuosi approfondimenti) esaminare il punto 15 in relazione al 15.3 e 15.4 della motivazione della sentenza 18136/2015: VANNO DIMOSTRATE IN GIUDIZIO LE RAGIONI PER LE QUALI LA LEGGE CHE SI RITENESSE AVER FACOLTIZZATO IL COMITATO DEI DELEGATI AD ABROGARE IL PREVIGENTE DIRITTO A CHIEDERE LA RESTITUZIONE DEI CONTRIBUTI VERSATI A CASSA FORENSE SAREBBE INCOSTITUZIONALE E CONTRARIA AL PROTOCOLLO AGGIUNTIVO N. 1 ALLA CEDU E ALL'ART. 14 CEDU.
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